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Le Nuove Norme Sull’informativa non Finanziaria e le Prime Difficoltà Attuative

April 20, 2017

By Bruno Cova, Francesca Petronio, Juljan Puna et Marco Lucci

Il 10 gennaio 2017 è stato pubblicato il D.Lgs. n. 254/2016 (il “Decreto”) che recepisce la direttiva 2014/95/UE (la “Direttiva”) relativa alla disciplina sulla comunicazione delle informazioni non finanziarie. Il Decreto è entrato in vigore il 25 gennaio 2017 e le disposizioni in esso contenute si applicano agli esercizi finanziari aventi inizio dal 1° gennaio 2017.

Il Decreto impone a società con valori mobiliari negoziati su mercati regolamentati italiani ed europei, nonché ad imprese bancarie e assicurative l’obbligo di fornire al pubblico alcune informazioni di carattere non finanziario.

I. La dichiarazione e il suo contenuto

Le imprese destinatarie del Decreto (individuate nel dettaglio al punto 2 sotto) hanno l’obbligo di fornire, per ogni esercizio finanziario, una dichiarazione contenente informazioni non finanziarie—generalmente considerate “elementi aggiuntivi di valutazione sulla capacità delle imprese di generare valore nel lungo termine[1]—volte ad assicurare al pubblico la comprensione dell’attività d’impresa, del suo andamento, dei suoi risultati e dell’impatto dalla stessa prodotta, che copra i temi ambientali, sociali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani, nonché alla lotta alla corruzione attiva e passiva (la “Dichiarazione”). La Dichiarazione potrà essere inserita all’interno della Relazione sulla gestione degli amministratori ovvero costituire una relazione separata.

La Dichiarazione dovrà avere il seguente contenuto minimo:

  1. descrizione del modello aziendale di gestione e organizzazione delle attività;

  2. descrizione delle politiche praticate dall’impresa, comprese quelle di dovuta diligenza,[2] e i risultati conseguiti; e

  3. descrizione dei principali rischi, connessi ai suddetti temi e che derivano, inter alia, dalle attività dell’impresa, dei suoi prodotti, servizi o rapporti commerciali, incluse, ove rilevanti, le catene di fornitura e subappalto.

Le descrizioni dovranno riguardare: (a) l’utilizzo di risorse energetiche, (b) le emissioni inquinanti, (c) l’impatto sull’ambiente e sulla salute, (d) gli aspetti sociali e attinenti alla gestione del personale, (e) il rispetto dei diritti umani e (f) la lotta contro la corruzione sia attiva che passiva.

Le informazioni di cui sopra sono fornite con un raffronto in relazione a quelle fornite negli esercizi precedenti e secondo standard di rendicontazione riconosciuti o metodologie di rendicontazione autonoma. In sede di prima applicazione della disciplina, le società possono limitarsi a fornire un raffronto solo sommario e qualitativo rispetto agli esercizi precedenti. In casi eccezionali, le società possono omettere informazioni concernenti sviluppi imminenti e operazioni in corso di negoziazione, qualora la loro divulgazione possa compromettere gravemente la posizione commerciale dell'impresa. La norma però fa salvi gli obblighi discendenti dall’ammissione o dalla richiesta di ammissione di valori mobiliari alla negoziazione in un mercato regolamentato, sicché le società con valori mobiliari ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato non potranno utilizzare questa norma per derogare agli obblighi di informazione imposti dalla normativa specifica.

Inoltre, il Decreto modifica l’art. 123-bis del Testo Unico della Finanza prevedendo, tra l’altro, l’inserimento nella Relazione sul Governo Societario e gli Assetti Proprietari di una descrizione delle politiche in materia di diversità applicate in relazione alla composizione degli organi di amministrazione, gestione e controllo relativamente ad aspetti quali l'età, la composizione di genere e il percorso formativo e professionale, nonché una descrizione degli obiettivi, delle modalità di attuazione e dei risultati di tali politiche.

L’adozione di politiche in relazione a uno o più degli ambiti di cui sopra non è obbligatoria, ma le imprese che non ritengono utile l’adozione di dette politiche devono, all’interno della Dichiarazione, illustrare delle motivazioni di tale scelta (c.d. comply or explain principle).

La disciplina risulta comunque in fase di completamento atteso che non sono stati ancora emanati i regolamenti CONSOB contenenti: (a) le regole di trasmissione diretta della Dichiarazione alla CONSOB e le eventuali altre modalità di pubblicazione; (b) le modalità e i termini per il controllo della stessa; e (c) i principi di comportamento e le modalità di svolgimento dell’incarico di verifica della conformità delle informazioni da parte dei revisori. Inoltre, nell’ottica di agevolare gli enti nella comunicazione delle informazioni non finanziarie, la Direttiva prevede l’emanazione di linee guida non vincolanti che saranno pubblicate entro la primavera 2017 dalla Commissione Europea.[3]

II. I destinatari della disciplina relativa alla Dichiarazione

Devono redigere e pubblicare la Dichiarazione i seguenti enti di pubblico interesse di cui all’art. 16, co. 1, D.Lgs. n. 39/2010:

  • società italiane emittenti valori mobiliari negoziati su mercati regolamentati italiani ed europei;

  • banche;

  • imprese di assicurazione italiane o autorizzate in Italia; e

  • imprese di riassicurazione anche extracomunitarie;

che hanno conseguito nel corso dell’esercizio finanziario di riferimento determinati requisiti occupazionali e patrimoniali o di redditività[4] (le “Grandi Imprese”). L’obbligo sussiste anche per gli enti di pubblico interesse che siano società madre di un gruppo di grandi dimensioni che abbiano conseguito nel corso dell’esercizio finanziario di riferimento i medesimi requisiti di una Grande Impresa. In tal caso, la Dichiarazione dovrà comprendere i dati della controllante e delle controllate rientranti nel perimetro del consolidamento.

Sono esonerate dall’obbligo di redigere la Dichiarazione ai sensi dell’art. 6 del Decreto, le Grandi Imprese che rientrano nel perimetro di consolidamento di un’altra Grande Impresa ricomprese in una Dichiarazione consolidata ovvero una società europea che redige tali dichiarazioni ai sensi della normativa comunitaria.

Anche soggetti diversi dalle Grandi Imprese che si attengono alla disciplina del Decreto possono ottenere l’attestazione di conformità della Dichiarazione al Decreto (vedi infra). Detti soggetti possono comunque derogare alle disposizioni inerenti esclusivamente l’attività di controllo dei revisori legali e riportare la dicitura di conformità, purché la Dichiarazione indichi chiaramente che la società non è assoggettata a detta attività di controllo e siano soddisfatti precisi requisiti occupazionali, patrimoniali e di redditività.[5]

III. Responsabilità e aspetti sanzionatori. L’attività di controllo della CONSOB

L’organo amministrativo (in genere il consiglio di amministrazione) è incaricato della redazione della Dichiarazione, da sottoporre all’organo di controllo (generalmente il collegio sindacale) e al revisore entro gli stessi termini della presentazione del progetto di bilancio.

L’organo di controllo della società vigila sull’osservanza delle disposizioni stabilite dal Decreto e ne riferisce nella relazione annuale all’assemblea, mentre il soggetto incaricato della revisione legale dei conti della società o un soggetto diverso abilitato allo svolgimento della revisione legale dei conti verifica l’avvenuta predisposizione della Dichiarazione ed esprime, con apposita relazione, un’attestazione circa la conformità delle informazioni fornite rispetto a quanto richiesto dal Decreto (l’“Attestazione”). Le conclusioni sono espresse sulla base della conoscenza e della comprensione che il revisore ha della Grande Impresa, dell'adeguatezza dei sistemi, dei processi e delle procedure utilizzate ai fini della preparazione della dichiarazione di carattere non finanziario. La relazione del revisore è allegata alla Dichiarazione e pubblicata congiuntamente alla stessa e al bilancio di esercizio ovvero al bilancio consolidato presso il Registro delle Imprese.

Le Grandi Imprese e i soggetti che hanno ottenuto l’Attestazione sono assoggetti al potere di vigilanza della CONSOB sulla correttezza delle informazioni fornite al pubblico previste dall’art. 115, co. 1, lett. a), b) e c) del Testo Unico della Finanza, e in particolare al potere di:

  • richiedere comunicazioni di notizie e documenti;

  • assumere notizie, anche mediante audizione, da singoli individui; ed

  • eseguire ispezioni al fine di controllare i documenti aziendali e di acquisirne copia.

In caso di Dichiarazione incompleta o non conforme al Decreto sono previste sanzioni amministrative pecuniarie fino a Euro 150.000 (per gli enti che aderiscono volontariamente alla disciplina, sono previste sanzioni fino a Euro 75.000) a carico degli amministratori e dell’organo di controllo, nel caso in cui omettano di riferire l’irregolarità all’assemblea, al cui accertamento e irrogazione provvede la CONSOB.

IV. Conclusioni e commenti

La normativa introdotta dal Decreto persegue la finalità di incrementare i livelli di trasparenza, coerenza e comparabilità delle informazioni non finanziarie e, conseguentemente, accrescere la competitività puntando alla soddisfazione delle richieste della clientela più attenta e informata sulla sostenibilità, ma propone anche dei punti di riflessione. Fra questi:

  • Innanzitutto, come anticipato sopra, la normativa è ancora in fase di definizione mancando alcuni interventi regolamentari da parte della CONSOB che riguardano aspetti rilevanti, nonché l’emanazione delle linee guida non vincolanti da parte della Commissione Europea. Pertanto, le società interessate dovranno monitorare attentamente l’emanazione della normativa regolamentare al fine di adottare le opportune misure organizzative.

  • Uno degli aspetti principali del Decreto è l’obbligo delle Grandi Imprese di adottare politiche specifiche ai raggiungimenti degli obblighi del Decreto ovvero di motivare la loro mancata adozione. Si tratta di un aspetto di possibile rilievo anche ai fini delle responsabilità della società e dei suoi amministratori (in termini ad esempio di danni derivanti da violazione di norme ambientali o anti-corruzione) che possano derivare dalla mancata adozione delle politiche o dall’adozione di politiche inadeguate.

  • Il Decreto fa riferimento a politiche di dovuta diligenza che sembrano tese all’identificazione e alla prevenzione dei principali rischi di cui al paragrafo 1.iii sopra. L’identificazione e la prevenzione dei principali rischi connessi ai rapporti commerciali (che includono le catene di subfornitura e subappalto) impongono l’adozione di adeguati strumenti alle società che ne siano ad oggi prive. In generale, le società obbligate a fornire la Dichiarazione, che non abbiano già delle norme interne tese a soddisfare le finalità del Decreto, dovranno predisporre le predette politiche societarie e farle approvare dai competenti organi, e le società che già hanno politiche adeguate è opportuno che le aggiornino per esplicitare che tali atti normativi interni hanno, fra le loro finalità, quelle previste dal Decreto.

  • Una significativa parte delle informazioni che dovranno essere oggetto della Dichiarazione (in particolare quelle relative ai rischi) dovrà essere raccolta nel corso dell’esercizio finanziario 2017, trattandosi di informazioni che per loro natura vengono a formarsi progressivamente. E’ quindi opportuno che le società prive di strumenti atti a individuare queste informazioni se ne dotino al più presto.

  • Il Decreto evidenzia – con il riferimento anche a una più ampia definizione di modello di gestione ed organizzazione che copra anche la corruzione “passiva”—come il Modello Organizzativo di cui al D.Lgs. 231 del 2001 sia sempre più visto come uno degli strumenti per la gestione dei rischi legali e di non conformità che possono impattare la società[6] e come occorra un efficace raccordo fra le politiche interne che verranno adottate in relazione al Decreto, il modello organizzativo in generale e le procedure di attuazione del Modello Organizzativo.

  • Un ulteriore spunto di interesse è relativo al modo in cui il Decreto potrà incidere sul contenuto dei codici etici delle società e in generale al fatto che le rappresentazioni della società in queste materie abbiano o meno un valore giuridico e quale, tenuto anche conto che di recente in altre giurisdizioni sono emerse interpretazioni tese a considerare le previsioni del codice etico alla stregua di un impegno della società.[7]

  • Il Decreto ha altresì il pregio di rendere le società che emetteranno la Dichiarazione maggiormente appetibili per quegli investitori (spesso altamente qualificati e dotati di notevoli risorse) che indirizzano i propri investimenti verso società che adottano politiche sociali e di sostenibilità. Per gli stessi motivi, i gestori di mercati regolamentati potrebbero incoraggiare le società con titoli quotati presso i loro mercati ad attenersi al Decreto nella redazione della Dichiarazione ovvero imporre loro detta scelta.[8]


[1] Associazione Bancaria Italiana–ABI, Consultazione pubblica per l’attuazione della Direttiva, http://www.dt.tesoro.it/export/sites/sitodt/modules/documenti_it/regolamentazione_bancaria_finanziaria/consultazioni_pubbliche/esito_consultazione_direttiva_2014_95_ue/Contributo_ABI.pdf, domanda D.1.

[2] Il concetto di “dovuta diligenza” (“due diligence”) è generalmente utilizzato ad esempio nelle operazioni societarie o nelle verifiche su controparti commerciali. In merito, la Relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo recante modifica delle direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE per quanto riguarda la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di talune società e di taluni gruppi di grandi dimensioni, Commissione Giuridica, 8 gennaio 2014, precisa che “tale concetto comprende le modalità con cui le aziende, in modo proattivo, identificano, prevengono e mitigano i rischi e le ripercussioni che essi creano per la società.”

[3] Commissione Europea, Sezione “What’s going on” nel sito web http://ec.europa.eu/finance/company-reporting/non-financial_reporting/index_en.htm#news.

[4] Qualora abbiano avuto, in media, durante l'esercizio finanziario un numero di dipendenti superiore a 500 e, alla data di chiusura del bilancio, abbiano superato almeno uno dei due seguenti limiti dimensionali: a) totale dello stato patrimoniale: 20.000.000 di euro; e b) totale dei ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: 40.000.000 di euro;

[5] Alla data di chiusura dell'esercizio di riferimento siano soddisfatti almeno due dei seguenti limiti dimensionali: 1) numero di dipendenti durante l'esercizio inferiore a duecentocinquanta; 2) totale dello stato patrimoniale inferiore a 20.000.000 di euro; e 3) totale dei ricavi netti delle vendite e delle prestazioni inferiore a 40.000.000 di euro.

[6] Ciò per altro in coerenza con la definizione del rischio di non conformità nella regolamentazione bancaria ed assicurativa, e con le modifiche introdotte nel Codice di Autodisciplina nel 2015.

[7] Decisioni del giudice del Ninth Circuit statunitense del 19 gennaio 2017, nel caso Retail Wholesale & Dep’t Store Union Local 228 Ret. Fund Vs. Hewlett-Packard Co. Un approfondimento sulla decisione del giudice è raggiungibile attraverso il seguente link: https://www.paulhastings.com/publications-items/details/?id=c96deb69-2334-6428-811c-ff00004cbded.

[8] Vanno in questa direzione le linee guida per l’environmental, social, and governance reporting pubblicate da London Stock Exchange Group (Guidance for issuers on the integration of ESG into investor reporting and communication) raggiungibile attraverso il seguente link http://www.lseg.com/sites/default/files/content/images/Green_Finance/ESG_Guidance_Report_LSEG.pdf.

Nel contesto italiano, il Criterio 1.C.1. lett. b) del Codice di Autodisciplina sancisce che gli amministratori di società quotate devono tenere in considerazione anche tutti gli elementi che possono assumere rilievo in tema di sostenibilità nel medio-lungo periodo.

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